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Bologna, 12 novembre 2013 – Nadia Sbitri, di origini marocchine, è arrivata a Bologna quando aveva dodici mesi e dal 2009 è in attesa della cittadinanza italiana. Pattina da quando ha 5 anni e pochi mesi fa era stata selezionata dalla Federazione per partecipare alla competizione internazionale con la maglia tricolore: esclusa per un cavillo burocratico. Il borsone della nazionale già pronto, la divisa azzurra stirata e il biglietto per Taiwan in tasca. Il traguardo di una vita, quell’appuntamento per cui si era allenata tutti i giorni, per 13 anni, ce l’ aveva a un passo. E l’ha visto svanire nel nulla per una parola che poco ha a che fare con lo sport: burocrazia. È la storia di Nadia Sbitri, atleta diciottenne di origine marocchina residente in Italia dall’età di un anno, che ha dovuto rinunciare alla convocazione per i mondiali di Taipei, a causa dei ritardi nella sua pratica per la cittadinanza italiana. Decine di lettere, appelli e una corsa contro il tempo non sono bastati per avere quei documenti che la ragazza aspetta da quattro anni. E così pochi giorni fa, la sua squadra di pattinaggio artistico sincronizzato, la Progresso Fontana di Castel Maggiore, è partita per i campionati del mondo senza di lei. Nata a Kenitra, città poco distante da Casablanca, nell’agosto del 1995, Nadia Sbitri arriva a Castel Maggiore, in provincia di Bologna, quando ha appena 12 mesi. Dall’Emilia non si sposta più: a 5 anni indossa i suoi primi pattini a rotelle per poi dividere tutte le giornate tra la scuola di ragioneria e la pista sotto casa. Occhi scuri, capelli corvini e accento bolognese, Sbitri non dimentica da dove viene, ma quando si guarda allo specchio si sente italiana: “Non so nemmeno parlare arabo” ammette. La sua odissea nel “sistema Italia“, organismo che si rivelerà lento e inefficiente, inizia nel 2009, quando invia la prima richiesta di cittadinanza a Roma. All’epoca è minorenne e quindi la sua pratica è legata a quelle dei genitori, coppia di marocchini nel nostro Paese da oltre 15 anni. La macchina si mette in moto, ma s’inceppa appena tutti i documenti arrivano negli uffici per essere esaminati. Nonostante la legge preveda un tempo d’attesa massimo di 2 anni, i mesi passano senza che arrivino risposte dal Viminale. All’inizio del 2013, dopo quattro anni e decine di moduli compilati, i genitori dell’atleta ancora non hanno notizie dell’esito della pratica per diventare italiani. Nel frattempo la figlia compie 18 anni. Un passaggio che azzera tutto quello fatto fino a quel momento. “Quando ad agosto sono diventata maggiorenne mi hanno detto che avrei dovuto riavviare le pratiche da capo, e aspettare almeno altri quattro anni” racconta Sbitri. “Ma io non ho così tanto tempo”. La convocazione ai campionati del mondo di pattinaggio artistico, infatti, è carta straccia se manca quel foglio di carta, che la rende italiana davanti allo Stato. “La nostra squadra è stata selezionata per la competizione internazionale, ma io ho dovuto rinunciare. Al mio posto è andata una riserva. E ora le gare per le quali ho lavorato tutta la vita posso guardarle solo in televisione”. Per lei si sono mossi, nelle ultime settimane, anche l’assessore allo Sport di Castel Maggiore, Giovanna Battistini, e il presidente della Federazione italiana hockey e pattinaggio, Sabatino Aracu. Entrambi hanno inviato un appello al Governo, chiedendo di accelerare i tempi, senza però ottenere risposta. “Dovrebbe essere il campo di gara e non la burocrazia a giudicare la legittima aspirazione sportiva di Nadia a rappresentare con onore il nostro Paese” ha scritto il presidente della Federazione sportiva, Aracu. Ora la vicenda potrebbe approdare in Parlamento, grazie alla segnalazione di un consigliere di quartiere del Movimento 5 stelle di Bologna, Davide Zannoni, che ha inviato tutti i documenti ai suoi colleghi di Roma.
Padova, 26 Giugno 2013 - lastampa - è nata a Camposampiero (Padova), ha nove anni e da due fa parte del team di nuoto sincronizzato. Questa ragazzina è davvero brava, ha, come si suol dire, stoffa: una vera promessa dello sport. Ma il suo resterà solo un sogno impossibile da coronare: perché è nata da genitori nordafricani, non è cittadina italiana. Un requisito fondamentale per la Federazione Italiana Nuoto, sul quale non si può transigere e che le ha dato lo stop alle gare, agli allenamenti, a tutto il suo piccolo mondo. Ed è così che il suo sogno, a nove anni, cozza e si frantuma contro il muro della Legge. Oltre lo stop alle gare, la prossima stagione la piccola non potrà nemmeno essere tesserata dalla società sportiva “Il Gabbiano”, centro che frequenta da un paio di anni a Campodarsego, Padova. La sua storia, raccontata da Il Mattino di Padova, commuove e nello stesso tempo scuote, ponendo nuovi (che poi sono sempre i vecchi) interrogativi. «Ci dispiace. Purtroppo la legge è questa, non si può far nulla» spiegano dal centro sportivo “Il Gabbiano” che la bimba frequenta, intervistati da Il Mattino. Il “cavillo” è sorto alcuni mesi fa, e per la bambina è stata una tragedia. Perché qui non si tratta di capricci, si tratta di vedersi tarpate le ali a 9 anni. E lei l’ha capito. Tanto che a scuola, dove è sempre stata una brava alunna, ha iniziato a rendere poco, a casa è sempre triste. A nulla è valso il tentativo del padre, in Italia da 12 anni, di fare domanda per la cittadinanza per amore della sua bambina e della sua (possibile?) carriera agonistica: ci vuole troppo tempo, «è un percorso troppo lungo e noi come Comune non possiamo intervenire», spiega dispiaciuto il sindaco Mirko Patron. Le compagne di corso e le insegnanti di nuoto per cercare di risollevarle il morale e farla sentire ancora nella squadra se la portano dietro ad ogni gara, ingaggiandola come riserva. Ma non potrà scendere in acqua. «Mia figlia, 10 anni a novembre, non può capire il perché di questa discriminazione. Le si dà la scuola, le si dà la sanità ma non il diritto di praticare lo sport. Dalla prossima stagione non la manderò più ad allenarsi: il sincronizzato va fatto in compagnia e ogni volta lei si trova da sola». Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha commentato la vicenda: «Il caso di questa giovane bambina esclusa dalle gare mi sembra che esprima in tutta la sua concretezza la necessità di aprire un dialogo e una riflessione non sullo ius soli, cui rimango contrario, ma sul diritto di cittadinanza. Serve un segnale di civiltà e di attenzione nei confronti delle aspirazioni di questa giovane e dei tanti bambini che vivono da anni in Veneto, terra dove l’integrazione è concreta, funziona e rappresenta un modello a livello nazionale».
Eusebio Haliti
campione di atletica escluso dalle Olimpiadi per colpa della cittadinanza
Dopo Cittadinanza Sportiva
"Finalmente corro (e salto) per il mio Paese"si candida al vertice del Comitato Regionale Fidal
Barletta, 2 Novembre 2020 – barlettanews - Una candidatura giovane ed autorevole, dall'alto del notevole bagaglio agonistico e delle esperienze dentro e fuori la pista acquisite negli anni. Eusebio Haliti si propone al vertice del Comitato Regionale Fidal per il prossimo quadriennio: trent'anni da compiere fra un paio di mesi, l'atleta azzurro (staffettista con la Nazionale nella 4x400 ai Mondiali di Mosca nel 2013 nonché campione italiano dei 400 metri ostacoli) ha ufficializzato nelle ultime ore la sua corsa alla presidenza della federazione pugliese, le cui elezioni sono in calendario il 16 gennaio 2021. "Intendiamo cambiare profondamente il modo di fare atletica sul nostro territorio – esordisce Haliti, nel cui curriculum spicca una laurea magistrale in giurisprudenza ed un master in diritto sportivo alla Sapienza di Roma. Utilizzo volutamente il plurale per rimarcare la collegialità di un progetto basato non sul singolo, ma sulla forza di un gruppo giovane e competente. In Puglia possediamo le strutture e le figure necessarie per creare eventi di interesse nazionale ed internazionale, tuttavia finora poco è stato realizzato in tale direzione. Da qualche tempo rivesto anche le funzioni di tecnico e dirigente dell'Avis Barletta e mi rendo conto di quanto possa essere importante il rilancio della Fidal come istituzione che torni davvero al fianco delle società sotto molti aspetti, dalla comunicazione al marketing, alla possibilità di partecipare a progetti per intercettare maggiori risorse economiche. Senza dimenticare l'esteso movimento dei Master, tra i più penalizzati per via dell'emergenza pandemica, a cui non sono state fornite alternative concrete e tangibili". Celebre per le sue battaglie legate all'integrazione degli atleti stranieri (da una sua iniziativa scaturì la modifica del regolamento Fidal che adesso consente agli stranieri di partecipare ai Campionati Italiani di categoria, dagli Juniores in poi), Haliti avvierà la campagna elettorale attraverso una serie di incontri con dirigenti, tecnici ed atleti di tutte le province.
Milano, 4 gennaio 2011 - redattoresociale - L’atleta di origine albanese vive a Bisceglie (Bari) ed è campione italiano nella categoria “juniores” sui 400 metri indoor e su pista ma non potrà indossare la maglia azzurra alle Olimpiadi. L’allenatore: “Legge iniqua", Eusebio Haliti, 19 anni, è campione italiano nella categoria “juniores” sui 400 metri indoor (48 secondi e 98 centesimi) e su pista (47 secondi e 24 centesimi). Ma il suo miglior tempo lo ha ottenuto al meeting internazionale di Ginevra lo scorso giugno: 47 secondi netti. Vive a Bisceglie, in provincia di Bari, ed è una delle promesse dell'atletica italiana. Nonostante questo non può indossare la maglia azzurra, malgrado lo desideri con tutto il cuore. Eusebio, infatti, è nato a Scutari (Albania) e la legge sulla cittadinanza (numero 91 del 1992) è chiara: per chiederla, i ragazzi stranieri cresciuti in Italia devono dimostrare di risiedere legalmente nel nostro Paese da almeno 10 anni. Per il giovane velocista la fatidica data scatterà solo nel settembre 2012, tre mesi dopo l'apertura dei Giochi olimpici. Eusebio, infatti, è arrivato in Italia con la madre e la sorella nel settembre 2000, ma può documentare la residenza solo a partire dal settembre 2002. “La legge sulla cittadinanza è una norma iniqua che ci impedisce di schierare i nostri atleti. E dico nostri perché questi ragazzi sono italiani - commenta Tonino Ferro, l'allenatore di Eusebio -. È assurdo: abbiamo dei campioni e non li possiamo far gareggiare a livello internazionale”. Il giovane velocista pugliese ha numeri di tutto rispetto: è settimo nelle graduatorie europee under 20 e detiene le prime otto prestazioni cronometriche italiane sui 400 metri: “Il suo miglior tempo è di 47 secondi, poi ha fatto 47' 05'', 47' 22'',... e così via. Chi detiene la nona posizione ha fatto 47' 80''”, elenca Tonino Ferro. “Chi vince gli italiani è il primo candidato per la nazionale. Ma io non posso gareggiare vestendo la maglia azzurra: questa è la cosa più frustrante -spiega Eusebio-. Mi sono anche perso delle belle occasioni, ad esempio non posso entrare a far parte dei gruppi sportivi militari”. Il giovane velocista è cresciuto nel nostro Paese e si sente italiano al 100%: “Ho frequentato le scuole in Italia, conosco la storia di questo Paese, i miei amici e la mia ragazza sono qui. Quando dico casa, penso a Bisceglie”. L'ipotesi di gareggiare per l'Albania non l'ha mai presa in considerazione anche se da Tirana è arrivata l'offerta di una borsa di studio. Preferisce restare in stand by per due anni e attendere che la burocrazia faccia il suo corso: “Se tutto va bene, avrò la cittadinanza all'età di 21 anni -spiega, mantenendo il sorriso-: ma sono tranquillo perché so che i miei obiettivi come atleta sono di più lungo periodo”. E a ogni gara vinta Eusebio, parlando con i giornalisti, coglie l'occasione per mettere in evidenza “l'ingiustizia di una legge che non considera italiano un ragazzo cresciuto qui ma dopo pochi anni concede quel pezzo di carta a chi sposa un italiano o a un oriundo -commenta-. Non lo faccio solo per me, ma per tutti quelli che si trovano in questa situazione”. (is)
Roma, 9 Maggio 2013 – stranieriinitalia - L’astro nascente della nostra atletica, cresciuto sulle piste di Bisceglie, veste la maglia azzurra solo da pochi mesi. “Una legge senza senso non mi ha fatto andare alle Olimpiadi”. Eusebio Haliti ha ventidue anni ed è una promessa dell’atletica leggera italiana. Lui però è diventato italiano per legge solo un anno fa, perdendo per un pelo la possibilità di partecipare alle Olimpiadi di Londra. “Era il 2000 quando io e la mia famiglia ci siamo trasferiti in Italia dall’Albania, precisamente da Scutari, città in cui sono nato. I miei genitori volevano un futuro migliore per me e la mia sorellina. Per due anni siamo stati a Pavia, ma poi ci siamo spostati a Bisceglie, in provincia di Bari, dove attualmente vivo”. “Fu in occasione dei giochi della gioventù, le gare sportive scolastiche nel 2003, che misi piede per la prima volta nel campo sportivo di Bisceglie e da quel giorno sono passati dieci anni. Non ero tra i più bravi fra i ragazzi che andavano ad allenarsi, ma Antonio Ferro, l’allenatore, oggi anche mio grande amico e compagno di viaggio, insisteva sul fatto che io frequentassi il campo. Io non capivo la sua insistenza e un giorno gli chiesi: “ Ma perché continui a chiedermi di venire, sono sempre tra gli ultimi, non arrivo mai nemmeno terzo?” e lui mi rispose: “Sì è vero non hai ancora raggiunto buoni risultati, ma il fatto che ti arrabbi quando perdi che ti rende forte, sei testardo”. Sì, non avevo ancora sviluppato la mia forza muscolare, ma mentalmente avevo l’approccio giusto, quello agonistico”. “Ricordo ancora l’emozione della prima volta in cui ho raggiunto il primo posto sul podio, erano gli studenteschi provinciali, non era una gara molto importante, ma per me è stato come vincere i mondiali. Poi nel 2007 è arrivato il mio primo titolo italiano juniores nella mia specialità: i 400 metri ad ostacoli”. Da quel momento in poi la carriera di Eusebio è tutta in ascesa e fino ad oggi ha conquistato ben sette titoli italiani e quattro record italiani che non gli furono riconosciuti perché in quel momento non aveva ancora ottenuto la cittadinanza. “Questo è la prova che nello sport, se non sei cittadino del paese in cui ti alleni, non sei nessuno. Ho perso un sacco di opportunità come le Olimpiadi di Londra per le quali mi sarei potuto qualificare, ma mi sono sempre allenato, come se avessi la cittadinanza italiana. Quel giorno è arrivato, nel 2012, troppo tardi per le Olimpiadi, ma è comunque stata una grande vittoria”. “La maglia azzurra l’ho indossata per la prima volta lo scorso marzo, agli Europei assoluti di Goteborg. In quell’occasione i giornali scrivevano che un quarto della nazionale italiana di atletica è composta da ragazzi che hanno recentemente acquisito la cittadinanza. Ma per me quell’acquisizione è recente solo sulla carta, noi lo siamo sempre stati italiani”. “Forse a differenza di altri ragazzi italiani, atleti e non, io l’avverto di più la responsabilità di rappresentare l’Italia, perché me lo sono dovuto sudare quel pezzo di carta e fare parte della nazionale mi dà quella spinta in più nel raggiungere i miei obiettivi, sensazioni che non potrei sentire se dovessi correre per l’Albania. Non mi sentirei al posto giusto”.
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